L’Empatia Neutrale.
Empatia: dal greco antico “en-pathos”, dentro il sentire, è quella facoltà che ci permette di sentire ciò che l’altro, umano, animale o pianta che ci sta di fronte sta sentendo. L’empatia non ha niente a che vedere con la simpatia (letteralmente “sentire insieme”: quando risuoniamo positivamente con ciò che l’altro sta sentendo che corrisponde al nostro proprio sentire, ciò vale per qualcosa che ci piace e che troviamo bello o anche quando semplicemente si condividono stati di tristezza, sofferenza o dolore) o l’antipatia (dal greco: “sentire contro” quando risuoniamo negativamente, sentendo repulsione e distanza verso ciò che l’altro sta provando, essendo che per noi risulta fastidioso e non ci piace).
Simpatia ed antipatia sono istintive ed immediate. Non decidiamo coscientemente se qualcosa ci piacerà o no. Qualcosa ci piace o non ci piace in base a ciò che siamo, al nostro vissuto e alle nostre esperienze.
L’empatia neutrale invece, è uno strumento che ci permette di sondare, percepire, sentire ciò che l’altro sta sentendo. Questo ci consente di stabilire una relazione, uno scambio più consapevole e cosciente nonché più funzionale perché lo stato altrui viene pragmaticamente e concretamente preso in considerazione calibrando il nostro comportamento e le nostre azioni verso di esso.
L’uso dell’empatia neutrale porta con sé l’imperturbabilità molto diversa dall’insensibilità. La sensibilità gioca nell’empatia un ruolo fondamentale, lo dice la parola stessa: ci porta a sentire. La differenza è che usando l’empatia in modo neutrale possiamo sì sentire e conoscere ciò che l’altro sta sentendo in quel dato momento ma senza esserne scossi, perturbati, troppo turbati e quindi spostati fuori da un assetto centrato e allineato .
Immaginiamo di trovarci di fronte ad un oceano bollente, l’empatia neutrale ci fa mettere la punta del dito in questo oceano per sondarlo e sentire la sua temperatura. Un’empatia incontrollata ci catapulterebbe in mezzo a questa pozza gigante di acqua bollente rendendoci incapaci di agire, mentre siamo in balia di dolori atroci che ci sconquassano completamente e bruciano la nostra pelle. Ne usciremmo ustionati, e profondamente scottati emozionalmente, dando come risultato una maggiore difficoltà ad agire laddove invece, per esempio, avremmo potuto aiutare.
Ho usato l’esempio di un oceano bollente ma potremmo trovarci davanti ad una distesa ghiacciata, una sala torture dei quindicesimo secolo, un prato fiorito, un mare di disperazione o tristezza, un deserto arido o un’oasi verdeggiante. Gli scenari della psiche sono infiniti.
Molte creature, per loro natura molto sensibili e percettive, tendono a “sentire il mondo intero” con le sue gioie e dolori. Ciò può essere un’esperienza utile che aiuta ad accendere la consapevolezza di tutto ciò che accade al di fuori della nostra sfera personale. Perdurare però nello stato di comunione con l’anima mundi può tendere a risultare in un effetto bloccante dove invece di essere padroni della propria carrozza si cedono le redini al marasma variatissimo di energie in ballo su questo pianeta.
Come può esserci utile l’empatia neutrale nella vita quotidiana?
Attraverso l’uso dell’empatia non solo l’altro avrà la possibilità di venire effettivamente compreso ma anche noi potremo stare meglio riuscendo ad essere meno coinvolti ma non per questo meno partecipi.
Facciamo un esempio: nella sfera privata, lavorativa o in situazioni comuni della nostra quotidianità possiamo trovarci di fronte qualcuno che ci attacchi.
Le reazioni impulsive di risposta possono essere:una chiusura, un attacco di risposta o il rimanere bloccati passivamente beccandosi tutto quello che l’altro ci sta mandando addosso. In tutte e tre le situazioni la nostra ratio, cioè il nostro senso della misura, scompare e soccombe di fronte alla presa di potere delle nostre ferite, le nostre parti dolenti, che se toccate, o se la giornata non è buona, anche solo sfiorate, ci fanno saltare i nervi e ci fanno reagire impulsivamente.
Nel primo caso, quello della chiusura, la parte attaccata si ritrae nel proprio guscio per proteggersi, ma rimane nel dolore, accrescendolo e confermandolo, del ruolo della vittima attaccata.
Nel terzo caso, ci si espone inermi e aperti accogliendo a braccia aperte tutte le frecce che ci arrivano dall’altra parte ferendoci.
Nel secondo caso invece, l’attacco di risposta dà inizio ad una partita a ping-pong dove di lancio in lancio la pallina diventa sempre più pesante e più carica di quelle coloriture proprie della dinamica in corso.
Questo è ciò che accadrebbe senza l’uso dell’empatia, ma immaginiamo di lanciare la nostra sonda nel campo elettromagnetico dell’altra persona (chiamato anche campo aurico) subito dopo che questa ci ha “attaccati”; verremmo in contatto coscientemente con le sue vibrazioni, e i suoi stati d’animo. Questo ci permette di vedere sotto un’altra luce le emozioni attraverso le quali si sta relazionando con noi e di capire quale stato d’animo precede e nutre l’attacco a noi diretto.
Attraverso la percezione, veniamo a contatto con un sentimento, che suscita delle e-mozioni le quali a loro volta portano ad un’azione o ad una reazione.
Così facendo riusciamo ad usare uno sguardo più obiettivo, senza lasciare che le nostre parti ferite prendano il sopravvento spingendoci a reagire automaticamente invece di agire consapevolmente. Non si tratta di negarle, ma solo di abbassare il loro volume in modo da poter sentire la voce che giace dietro all’attacco dell’altro, così che possa esserci una comprensione e non un crescendo esasperato e confusionario di tensione, rabbia, o dispiacere doloroso che non porterebbe da nessuna parte ma solo a sentirsi svuotati e depauperati e ulteriormente feriti.
Magari non sempre il dialogo sarà possibile, però almeno avremo la possibilità di capire, percependole e prendendone coscienza, le ragioni dell’attacco dell’altro individuo, e potremo scegliere come agire, invece di reagire automaticamente e impulsivamente salvaguardandoci da eventuali ruzzoloni con conseguenti lividi.
Arrivati a questo punto certi potrebbero chiedersi (e qualcuno me l’ha chiesto sul serio): ma la vera empatia è quella spontanea o quella neutrale? Beh, è come chiedere ma il vero fuoco scotta? Scotta se lo si tocca, ma se si sta attenti lo si può usare per scaldare, per fare luce (o per altri scopi) senza scottarsi.
Come esseri viventi abbiamo determinate facoltà, che sono vere di per sé nella loro essenza. Le distorsioni derivanti da un mal-uso o un abuso di esse non negano la verità di queste ma ne alterano molto l’efficacia per un uso evolutivo.
Come uno strumento musicale atto ad emettere note, la risultante composizione sinfonica che ne verrà potrà essere armoniosa, intonata e benefica tanto più quanto lo strumento sarà accordato.